L’ATTIVITA FISICA CONTRO LA DEPRESSIONE

I BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA CONTRO LA DEPRESSIONE

Il comportamento delle persone sta cambiando, le consuetudini sono state messe in discussione dalla quarantena e abbiamo dovuto “reinventare” il modo in cui affrontiamo le giornate. Soprattutto sono cambiati gli spazi fisici dove possiamo muoverci limitati, per la maggior parte di noi, dalle pareti di casa.

Queste condizioni hanno originato stati di ansia generalizzata, nelle situazioni più estreme anche panico.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, e l’Istituto Superiore della Sanità parlano di un nuovo stile di vita che, sotto moti aspetti, dovrà proseguire anche alla fine dell’emergenza sanitaria.

È dunque primario mantenere sane abitudini, per quanto consentito, di alimentazione ed esercizio fisico. Quest’ultimo, gestito opportunamente negli spazi domestici, può aiutare ad affrontare in modo attivo gli stati di ansia e depressione.

 

LA DEPRESSIONE IN ITALIA: PRIMA E DURANTE IL CORONAVIRUS

Questionario “Paure & Quarantena”

Per comprendere come gli italiani stanno vivendo questa situazione, l’Associazione europea per il disturbo da attacchi di panico (EURODAP), ha realizzato il sondaggio “Paure & Quarantena” a cui hanno risposto più di seicento utenti (dato in evoluzione in quanto è ancora possibile accedere al questionario).

Dalle preferenze espresse da ciascun partecipante attualmente emerge quanto segue:

Il dato positivo è che il 23% di coloro che non hanno manifestato malessere, ha deciso di dedicarsi con impegno ai propri interessi, alla cura del fisico e alla crescita personale.

L’ansia e la depressione, tuttavia, sono particolari stati mentali monitorati con interesse già prima dell’arrivo di Covid-19.

Progetto ESEMeD

Nell’ambito del progetto ESEMeD (European Study on the Epidemiology of Mental Disorders), a cui hanno aderito 30 paesi europei, l’Istituto Superiore di Sanità ha promosso e coordinato uno studio epidemiologico dei disturbi mentali in Italia.

La raccolta dei dati, eseguita su un campione di persone adulte, ha portato alla stesura del resoconto La prevalenza dei disturbi mentali in Italia nella quale viene trattata la frequenza dei disturbi mentali nel nostro paese, ma anche quale relazione possa esserci tra i diversi disturbi, e quali possono essere i fattori di rischio e i migliori trattamenti da adottare per queste patologie.

L’indagine si è concentrata con particolare attenzione a quegli stati mentali non psicotici, come ansia, depressione e abuso e/o dipendenza da alcool.

Dando un occhio più da vicino, soprattutto ai risultati sulla depressione (che, come vedremo più avanti, ha maggiore probabilità di essere curata da un efficace e costante allenamento fisico), si è riscontrato come, su un campione di 4.712 intervistati (2.321 maschi e 2.391 femmine):

  • 471 adulti hanno sofferto di depressione durante la propria vita (quindi il 10%);
  • 141 adulti hanno sofferto di depressione nell’anno prima dell’intervista (quindi il 3% nel periodo 2001-2002);
  • Le donne hanno un rischio 3 volte superiore degli uomini di aver sofferto d’ansia o depressione nell’anno prima dell’intervista.

I risultati finali, rapportando il campione analizzato alla popolazione italiana, hanno portato alla deduzione che circa 3 milioni e mezzo di adulti nel nostro paese soffrono, o hanno sofferto, di disturbi mentali.

Di questi:

  • 2 milioni e mezzo hanno sofferto di ansia;
  • 1 milione e mezzo ha sofferto di disturbi affettivi.

La salute mentale nelle varie fasi della vita

Anche ISTAT, nel 2015, ha svolto una propria indagine su “La salute mentale nelle varie fasi della vita dalla quale è apparso che circa il 7% della popolazione di età superiore ai 14 anni (più di 3,7 milioni di abitanti) ha avuto almeno un disturbo ansioso-depressivo.

Questa media è inferiore al resto d’Europa, specialmente nella fascia di età 15-44 anni, mentre aumenta nella fascia di età 35-64 anni. Inoltre è un disturbo diffuso soprattutto tra persone in stato di inattività e disoccupazione (ovvero in uno stato molto simile a quello in cui si trovano tanti cittadini in quarantena).

L’ansia e la depressione si manifestano con una limitata voglia di svolgere attività normali, spesso con scarsa autostima e perdita di interessi.

L’esercizio fisico è dunque la risposta a questo problema?

 

ESERCIZIO FISICO: LA MEDICINA DELLA MENTE

La risposta è sì, secondo lo studio “Exercise and the Prevention of Depression: Results of the HUNT Cohort Study” eseguito nella contea di Nord Trøndelang in Norvegia.

Lo scopo dello studio, durato 11 anni, ed effettuato su un campione di 33.908 adulti sani (senza un passato con episodi di depressione o ansia), è stato quello di dimostrare se l’esercizio fisico può costituire una protezione contro lo stress e l’ansia e, in caso positivo, quanto è necessario praticarne ogni giorno affinché risulti efficace.

Durante le misurazioni sono stati presi in considerazione quegli atteggiamenti sensibili verso tematiche di salute e alimentazione. Negli 11 anni di studio, inoltre, è stato domandato ai soggetti:

  • Se hanno eseguito un’attività fisica aerobica (come camminare o nuotare) almeno: una volta la settimana, due o tre volte la settimana, quasi tutti i giorni oppure mai.
  • Quanto tempo, in media, si sono allenati.
  • Se l’esercizio fisico è stato eseguito: senza perdere fiato o sudare, con la mancanza di fiato e una normale sudorazione, o se esaurendo quasi totalmente il fiato.
  • Quante sigarette hanno consumato giornalmente.
  • L’indice di massa corporea.
  • Se sono insorte nuove malattie durante gli anni di studio.

Il risultato è stato che l’esercizio fisico costante, prolungato nel tempo, ha aiutato contro gli stati depressivi, un po’ meno efficace contro quelli ansiosi, a prescindere dal livello di allenamento eseguito.

“Il 12% dei futuri casi di depressione avrebbe potuto essere evitato se tutti i partecipanti avessero svolto almeno 1 ora di attività fisica ogni settimana”.

Un’altra considerazione è stata che si possono ottenere anche buoni benefici a livello mentale, con una moderata pratica fisica, infatti “la maggior parte degli effetti protettivi dell’esercizio fisico contro la depressione si realizza entro la prima ora di esercizio svolta ogni settimana”.

Inoltre “questi risultati suggeriscono che processi come le alterazioni dell’attività del sistema nervoso autonomo e la modificazione dei fattori metabolici, che richiedono un esercizio più regolare e faticoso, possono essere meno importanti quando si considerano gli effetti protettivi dell’esercizio fisico contro future malattie depressive”.

Non sono pertanto da sottovalutare i consigli attuali degli psicologi che suggeriscono, specialmente per chi lavora in modalità smart working, di alzarsi dalla sedia almeno ogni 50 minuti, ed eseguire semplici esercizi di stretching. Ancora più consigliato, dedicarsi almeno 30 minuti al giorno a esercizi a corpo libero, che aumentano la frequenza cardiaca e mantengono attivo il fisico.

 

GLUTAMMATO E GABA: I NEUROTRASMETTITORI AMICI DELLA POSITIVITÀ

A sostegno dello studio Norvegese, c’è anche una ricerca condotta dalla Davis School of Medicine dell’Università della California che, attraverso studi di spettroscopia a risonanza magnetica protonica ha analizzato i cambiamenti dei livelli di glutammato corticale e GABA prima e dopo un esercizio fisico vigoroso.

Le misurazioni (3 sessioni da 8/20 minuti circa) sono state fatte su 38 volontari (22 femmine e 16 maschi) sottoposti precedentemente a colloquio medico ed elettrocardiogramma. Sono stati esclusi quei soggetti che presentavano malattie mediche significative, traumi cranici pregressi, disturbi neurologici o psichiatrici, o se soggetti a trattamenti farmacologici.

La ricerca è stata pubblicata nel 2016 sul “Journal of Neuroscience” e ha dimostrato come l’attività fisica può incrementare il potere elettroencefalografico di superficie (EEG), ma non solo.

Durante un’attività fisica vigorosa aumenta notevolmente anche il consumo non ossidativo di carboidrati, e la riserva di alcuni neurotrasmettitori nel cervello, come:

  • Glutammato, uno dei più importante in quanto funge da “carburante” per la gestione dell’attenzione e la regolazione delle emozioni. Rientra inoltre nei processi di apprendimento e movimento.
  • GABA, un neurotrasmettitore inibitorio che regola l’eccitabilità neuronale del sistema nervoso.

Ci sono dunque meccanismi alla base degli effetti benefici che l’allenamento fisico porta a certi disturbi neuropsichiatrici, nella neuroriabilitazione e nell’invecchiamento.

Meccanismi che, anche se gli effetti positivi sul cervello si dissipano col passare delle ore e dei giorni, fanno sì che permangano anche ad attività fisica terminata.

 

CONCLUSIONE

Molti Dipartimenti di Salute Mentale in Italia sono ricorsi a pratiche sportive per la riabilitazione mentale dei pazienti. Alcune volte sono eseguite con l’aiuto di associazioni sportive dilettantistiche o enti a promozione sportiva.

Idea che si avvicina a quella promossa dal progetto SPHERE – Sport Healing Rehabilitation ovvero “un progetto biennale cofinanziato dal Programma Erasmus e dall’Unione Europea, finalizzato a favorire l’attività fisica nei programmi di riabilitazione psichiatrica attraverso la definizione e la condivisione di un protocollo scientifico sportivo migliorato da psichiatri e ricercatori accademici“.

Progetto che ha come scopo quello di definire un protocollo scientifico sportivo per trovare dei modelli sportivi di riabilitazione per pazienti psichiatrici. “Il progetto è rivolto a tutte le persone con problemi di salute mentale – come depressione, ansia, disturbo bipolare, ecc. – al fine di migliorare la loro qualità di vita, salute e benessere e proteggere i loro diritti, dignità e inclusione attraverso la creazione di programmi terapeutici in grado di combinare l’attività fisica e lo sport insieme alla riabilitazione psichiatrica.”

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